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di Giulia Dal Verme

Vol.3

Sono le 19, è quasi ora di andare. Studio un altro po', e poi...allenamento! Ecco, inizia il rito pre-allenamento: scrivo a Benni, intanto preparo la borsa (magari prendo qualche caramella) e poi si parte ! In macchina, tra una caramella e l'altra, spettegoliamo di tutto il basket femminile, ci raccontiamo scoop su giocatrici di altre squadre e altri campionati (conosco vita, morte e miracoli di giocatrici mai viste) e discutiamo della partita appena giocata e di quella che deve arrivare. Poi ovviamente Benni mi parla del suo ragazzo messicano. Tutti questi densi discorsi avvengono in dieci o quindici minuti di viaggio, ma non è finita: arrivate in spogliatoio, mentre ci cambiamo, ripetiamo i punti cruciali di quanto appena detto e confrontiamo con la squadra le voci arrivate. Chiaramente è Erika, regina del gossip, ad avere l'ultima parola: chiedetele dove è finita quella giocatrice del 1968 che ha giocato in quella squadra di quel campionato circa una ventina di anni fa. Lei lo saprà. Ma adesso sono le 20 e si cambia mentalità: si entra in campo. Tutto ciò che non riguarda l'allenamento resta fuori. Subentrano la concentrazione, la voglia di migliorarsi individualmente e come squadra, la competitività e l'agonismo. Si corre e si suda, si sbaglia e si ricomincia, si lavora sempre insieme. Ci si mette in gioco a partire dall'allenamento, perchè è qui che ci diamo da fare per l'obiettivo comune: la partita. Un buon allenamento è un prerequisito fondamentale per poter giocare una buona partita. E' necessario mantenere la tensione agonistica alta fin dall'allenamento, e - perchè no - essere un pizzico orgogliose. Infatti, se

ponderato, l'orgoglio può essere costruttivo e stimolo ulteriore al miglioramento.

E non dimentichiamoci di un altro ingrediente importante: l'ambizione ! In altre parole, "Memento Audere Semper". Finito l'allenamento, si torna a parlare e scherzare in spogliatoio, si pensa già alla partita e all'allenamento successivo, si dimenticano i piccoli screzi che ci sono stati durante il gioco, si dimenticano le manate ricevute qua e là, perchè ognuna di noi è consapevole che fa tutto parte di questo sport. Attenzione a quando si perde male però (ahimè, è successo). In spogliatoio si fanno previsioni sulla possibile punizione - la più quotata rimane "correremo tutto l'allenamento"- cercando di non farsi sentire, ci si prepara psicologicamente alla grande fatica, si percepisce un certo timore nell'aria, e si entra in campo serie, cercando di non incrociare lo sguardo di Roberto, e con la certezza che sarà un lungo e duro allenamento. Quando poi Roberto sfoggia il suo sarcasmo mediante imitazioni e commenti su qualcuna di noi, diventa veramente difficile trattenersi dal ridere, e si cerca di non guardarsi l'una con l'altra, perchè potrebbe essere fatale (soprattutto se si è soggette a questo tipo di commenti). Si finisce stremate, con qualche suicidio sulle gambe, ma consapevoli che alla fine è colpa nostra, e sicuramente ci è servito un allenamento così. Ma è anche in questo che siamo una squadra ! Capita che qualcuna di noi non sia al massimo della forma, capita di essere in difficoltà nel campionato e di sentire il bisogno di un po' di fiducia, ma il bello di essere una squadra è proprio uscire insieme da questi momenti e aiutarsi dentro e fuori dal campo. Perchè è anche fuori dal campo che si consolida la squadra. Già solo andare a mangiare la pizza dopo la partita, oppure mangiare in palestra quando qualcuna porta pizzette e focaccine, è un'occasione per stare insieme e parlare del più e del meno. Non dimentichiamo di quando, finito l'allenamento, ci si prepara tutte insieme per uscire: c'è chi è di corsa, chi è ancora in doccia mentre le altre si asciugano i capelli, chi porta più vestiti per scegliere il migliore (Malchio anche tre o quattro), chi si asciuga i capelli, chi si trucca, chi ha fame e chi fa pressione per andare. E' bellissimo organizzarci, prepararci e uscire tutte insieme: oltre che una squadra, è bellissimo sentirsi una seconda famiglia.

 

Giulia

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